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Facciamo che io ero…

Facciamo che io ero…



Il gioco è una cosa seria

Vi ricordate di quando eravate piccoli e giocavate? Quanto tempo passato a montare e smontare lego, a creare personaggi, ad inventare storie e partire per grandi avventure! Ogni giorno potevamo entrare in altre dimensioni e scoprire nuovi mondi.

Perché lo facevamo?

Winnicott (1997,102) diceva che è soltanto mentre gioca che l’individuo è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé”.
Giocare da bambini ci permetteva di impersonare ruoli differenti e trovare soluzioni e modi di agire diversi. Era la porta di accesso alla conoscenza del mondo e delle sue regole: uno strumento accessibile e alla nostra portata che ci aiutava a comprendere la realtà e noi stessi. Molti studiosi hanno indagato il valore del gioco ed è importante rilevare che le relazioni tra gioco e sviluppo siano di natura bidirezionale: il gioco riflette lo sviluppo ma, allo stesso tempo, contribuisce all’evoluzione delle funzioni motorie, sociali, cognitive ed affettive del bambino (Baumgartner, 2002).

Quanta importanza ad un’attività che in apparenza sembrerebbe servire esclusivamente a “svagarsi”.

Il valore del gioco

È possibile che nel ricordare i giochi della nostra infanzia ci venga spontaneo sorridere, e chissà, forse proviamo anche un po’ di dispiacere al pensiero che nella vita adulta, tra tutte le responsabilità e urgenze, di spazio per il gioco ce ne sia davvero poco. Qualcuno potrebbe pensare che giocare è una “cosa da bambini” e, in aggiunta, con la diffusione del gioco d’azzardo, accostiamo spesso le attività ludiche degli adulti a configurazioni patologiche.

Ma non è così! Anche da adulti ritagliare del tempo per attività ludiche è molto importante.

L’adulto che gioca si dà il permesso di sperimentare piacere e di realizzarsi in una realtà completamente gratuita e libera. Il gioco ha le sue regole, è vero, ma sono tutt’altro rispetto alle regole alle quali dobbiamo attenerci tutti i giorni, in ambiente lavorativo e non solo.
Nel gioco si allenano le capacità relazionali, l’empatia, si creano confronti e si viene a contatto con lati di noi stessi che probabilmente, in altri contesti, non verrebbero fuori.
Inoltre, fa bene alle nostre connessioni neurali, che si rinnovano, sviluppando una maggior capacità adattiva.
Il gioco è uno spazio franco, una dimensione in cui possiamo sperimentare la libertà di essere ciò che siamo senza preoccuparci delle conseguenze.

Il gioco e l’azienda: il match è possibile

La straordinaria capacità del gioco di far emergere la nostra personalità non è scappata all’interesse di altri ambiti non legati al mondo ludico, come ad esempio quello aziendale, in cui viene utilizzato in processi di formazione, selezione del personale e in generale come mezzo per sviluppare o potenziare le skills dei dipendenti.
Un aspetto fondamentale che rende i processi di ludici così efficaci è che desta l’interesse attivo degli utenti favorendone l’engagement: il coinvolgimento reale della persona è la chiave del successo di queste modalità.
Sono molte le aziende che con creatività e immaginazione applicano elementi ludici a processi aziendali: parliamo più precisamente di gamification, i cui risultati sembrano essere davvero sorprendenti.
Uno dei metodi più in voga in questo momento è sicuramente il LEGO serious play, che ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo del pensiero creativo e il problem solving attraverso attività di team building basate sull’utilizzo di mattoncini LEGO.

Un altro esempio è quello delle game jam, un format all’interno del quale viene chiesto ad ai partecipanti di realizzare un gioco su uno specifico tema; vengono così messe in gruppo persone molto diverse tra loro, che magari non erano mai entrate in relazione, ma che si uniscono per arrivare ad unico obiettivo. Le dinamiche all’interno del processo creativo che ne consegue per realizzare il gioco permette di osservare skills, competenze trasversali e comportamenti in un contesto innovativo.

Il caso Zappos

Un Case Study interessante è quello di zappos.com, azienda americana di e- commerce d’abbigliamento, e il cui nome lo troviamo spesso nelle liste delle “100 Best Companies to Work For” .

Zappos ha creato una valuta virtuale interna, utile per comprare premi di diversa natura, e che possono essere guadagnati tramite processi formazione volti al miglioramento personale, o che possono essere donati ai propri colleghi, riconoscendone il lavoro. Inoltre, i dipendenti possono nominare un collega ritenuto degno di ricevere il parcheggio dell’auto davanti l’ufficio per una settimana, così da poter sperimentare un benefit generalmente riservato alla dirigenza. Tutto questo non solo andrebbe a motivare i dipendenti a lavorare al meglio, migliorando le effettive capacità “hard” ma riconoscere il lavoro altrui migliorerebbe il morale
interno, la soddisfazione e il senso d’appartenenza.

Gli esempi sarebbero davvero tanti, e se ci diamo il permesso di entrare nel mondo dell’immaginazione le possibilità creative sono infinite.
Possiamo davvero creare processi di ogni tipo, percorrere strade sconosciute e sperimentare strumenti che fino a qualche anno fa avrebbero fatto storcere il naso a molti.
E il bello è che questo è alla portata di tutti. La creatività non è un lusso di pochi, ma tutti quanti, nelle nostre differenze e specificità possiamo sviluppare un nuovo modo di pensare, creativo e senza frontiere.
Proviamo a rimetterci in contatto con il bambino che siamo stati, ripetiamo le quattro parole magiche facciamo che io ero ed entriamo di nuovo in questi mondi infiniti. Basta solo iniziare…e chissà che non ci sorprenderemo a scoprirci molto più creativi di quello che potevamo pensare!


Chiara Di Marco

HR Consultant

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