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Donne e lavoro: presente e futuro

Donne e lavoro: presente e futuro


Donne e lavoro: presente e futuro

Violenza non è solo aggressione fisica. Anche se è doveroso e sempre utile ricordare che negli ultimi 10 anni sono state circa 2mila le donne uccise in ambito familiare per mano di uomini dominanti. Violenza domestica.

Violenza è anche discriminare, negare inclusione, negare l’accesso ad un certo tipo di retribuzione, ruolo e responsabilità al lavoro. Violenza è anche negare il lavoro o non darlo perché incinta. Violenza è ostacolare, bloccare la crescita, il progredire di carriera.

Donne e lavoro: negare le pari opportunità

Le donne d’affari in ruoli prestigiosi oggi iniziano a fare notizia.

Alcuni esempi recenti:

  • Antonella Polimeni, rettore Sapienza;
  • Kamala Harris, vicepresidente USA;
  • Gabriella Palmieri Sandulli, Avvocatura Generale dello Stato;
  • Agnese Pini, direttrice de “La Nazione”;

Applaudiamo e lodiamo questi successi lavorativi che ci fanno sognare e sperare in un futuro diverso.

Si, perché di questo si tratta. Di speranza che il binomio donne e lavoro possa diventare normalità e non notizia. Ad oggi siamo ancora lontani dal poter dire che il gap di genere sia stato colmato. Se da una parte aumentano le figure femminili in ruoli manageriali, dall’altra mancano ancora la valorizzazione di talenti e competenze e l’allineamento nel compensation & benefit.

I risultati di una ricerca sul Global Gender Gap, dicono che ci vorranno circa 100 anni prima che la parità di genere si realizzi, 257 anni per raggiungere la parità a livello di accesso alla partecipazione economica.  E si conferma che l’Italia è uno dei Paesi occidentali in cui la donna sul lavoro è più discriminata. Alcuni passi in avanti per la parità di genere sono stati fatti, ma i progressi sono lenti.

L’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, ha definito un obiettivo specifico per realizzare l’uguaglianza di genere: l’obiettivo 5.

In Italia, sarà possibile realizzarlo?

I dati – su 153 paesi – dicono:

  • Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia sono i primi paesi OCSE in classifica;
  • Nicaragua, Nuova Zelanda, Irlanda, Spagna, Rwanda e Germania a seguire;
  • Italia al 76° posto (125° per la disparità di trattamento salariale);
  • Italia avanti a Grecia, Malta e Cipro.

Il differenziale occupazionale di genere per l’Italia, rispetto all’Europa, è pari al 60% in più. Il dato sta a significare che nel nostro Paese la situazione è più critica per le donne del 60% in più rispetto alla media.

Dal punto di vista retribuito (Gender Pay Gap), invece, l’Italia risulta uno dei migliori posizionamenti. A parità di ruolo e responsabilità professionale il gap in Italia è del 6% (a favore dell’uomo), contro il 15,6% dell’EU.

A ciò si aggiunge anche la child penalty. Donne con figli, attendono una media di circa 15 anni prima di vedere riequilibrata la retribuzione rispetto ai livelli pre-maternità. O anche solo per allineare tale retribuzione ai livelli delle colleghe non madri (a parità di ruolo e responsabilità).

Poco confortante mi vien da dire.

Che futuro è quelle delle donne al lavoro? Forse difficile da definire e stimare correttamente.

Gli eventi contemporanei hanno stravolto i luoghi e le forme di lavoro e non solo. La popolazione dei lavoratori vive una situazione di estrema difficoltà e disagio a svolgere bene il proprio lavoro, nonché a disegnare e pensare al work-life balance.

Tutti i confini sono stati oltrepassati. Le giornate sembrano un tutt’uno di famiglia-lavoro. Salute, relazioni ed economia sono fonte di preoccupazione e paura.

Viviamo in tempi di significativo burnout

E, purtroppo, le donne hanno subito un impatto negativo molto significativo.  Durante la crisi COVID-19 molte donne sono state – o si sono – licenziate a causa dell’aumentare delle sfide personali e private che hanno dovuto affrontare. Il rischio reale è di rimandare il career design femminile indietro di 30 – 40 – 50 anni! Annullando gli avanzamenti degli ultimi 6 anni, circa.

I dati di un recente studio (ISTAT) ci dicono che:

  • dopo il precedente lockdown, a Maggio il 72,4% dei rientri al lavoro ha coinvolto la popolazione maschile;
  • 84 mila i posti di lavoro in meno (sempre da Maggio scorso) e tra questi circa l’80% erano occupati da donne;
  • allo stesso tempo, sono maggiormente le donne a cercare nuovo lavoro. Tra le 307 mila persone rilevate, 227 mila sono donne.

La questione apre la strada ad alcune riflessioni per istituzioni e società in generale.

E per l’Azienda, in generale.

Riflessioni che possono trasformarsi anche in opportunità:

  • favorire e sostenere l’inserimento lavorativo delle donne (programmi di sostegno, orientamento e coaching);
  • costruire un ambiente di lavoro più empatico, flessibile e connesso;
  • costruire una cultura interna più orientata all’Inclusion (si possono promuovere networking e mentoring);
  • fornire maggiori servizi di assistenza per la salute mentale e fisica (programmi per il benessere e welfare);
  • favorire le occasioni di familiarizzazione con la tecnologia (fornendo occasioni e programmi di formazione e sviluppo);
  • sempre più donne stanno scegliendo il settore tecnologico (materie STEM) per avviare il percorso professionale;
  • collaborare con le istituzioni educative per istruire e ispirare alle carriere tecnologiche (up skilling interno ed esterno).

Buone pari opportunità a tutte!!!


Sefora Rosa

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